Insecta

Coleoptera

Cerambycidae

Codice lista italiana: 059.074.0.001.0

Rosalia alpina (Linnaeus, 1758)

Descrizione della specie

 

Corologia

 

Rarità generale, fragilità, status di protezione

 

Strategie di conservazione

 

Tipologie di intervento

 

Cosa non fare

 

Bibliografia

 

 

foto B. Appel

 

Descrizione della specie

Vero gioiello dei coleotteri e dei cerambicidi in particolare, questa bella specie è lunga 15-38 mm (escluse le antenne) ed ha il corpo, le zampe e le antenne ricoperti da una fine peluria blu e bianco-grigia. Alcune macchie nere e vellutate, orlate di bianco, di numero e dimensioni variabili, si osservano sulla parte anteriore del torace e sulle elitre. Le antenne sono assai lunghe, soprattutto nei maschi, in cui misurano una volta e mezzo la lunghezza del  corpo.

Specie montana, xilofaga, è ecologicamente legata al faggio, nel cui legno le larve si sviluppano attaccando piante morte o deperite, tronchi schiantati, ceppaie ecc.; gli adulti si rinvengono sui tronchi, a inizio estate. La durata della vita larvale è di almeno tre anni e questo contribuisce e giustificare la necessità di particolari misure di sostegno e di tutela: oltre infatti alla disponibilità di faggete, è anche necessario che il prelievo di biomassa legnosa avvenga con modalità tali da consentire lo sviluppo delle larve.

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Corologia

R.alpina è presente in Europa centrale e meridionale, si rinviene a nord fino alla Svezia meridionale ma manca in Olanda e in Gran Bretagna. Presente, anche se rara e localizzata, in Turchia meridionale, Siria, Caucaso, Transcaucasia. Si può rinvenire in tutte le regioni italiane eccetto la Sardegna; a dispetto del nome, è diffusa nell’area appenninica, dove almeno localmente è abbondante, mentre è rarissima al nord. In diverse località dell’Italia settentrionale è infatti nota solo sulla base di segnalazioni pubblicate da attendibili autori del secolo scorso: ciò lascia pensare ad un indizio di decremento della specie. In Lombardia R. alpina è segnalata per la Valtellina (Val Masino, Monte Legnone e, forse, anche Val San Giacomo); per quanto riguarda le aree protette, è presente nel Parco del Bernina, del Disgrazia, della Val Masino e della Val Codera.

 

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Rarità generale, fragilità, status di protezione

R. alpina è protetta in numerosi paesi europei e figura negli Allegati II e IV della direttiva 92/43/CEE (direttiva "habitat"), rispettivamente relativi alle specie di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione e alle specie di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa. La medesima direttiva la classifica inoltre “specie prioritaria”.

Compare con lo status “Vulnerabile” nella lista rossa della IUCN.

E’ considerata “Minacciata” nella lista rossa di Groppali & Priano (1992).

Elencata tra gli invertebrati necessitanti protezione speciale in Europa (Collins & Wells, 1987).

Tutte le specie xilofaghe e corticicole degli alberi vetusti o dei boschi maturi sono incluse nelle schede degli interventi prioritari per gli invertebrati.

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Strategie di conservazione

A - Intervento diretto sulla zoocenosi

B - Intervento diretto sull’habitat

C - Attività di monitoraggio

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Tipologie di intervento

Come si è detto, R. alpina è una specie assai bella e vistosa, per di più inconfondibile; anche il collezionismo entomologico può in qualche misura incidere negativamente su di essa: conseguentemente, l’uccisione di questa specie ed il suo prelievo a scopi commerciali o di studio (salvo specifiche autorizzazioni opportunamente motivate) dovrebbero essere vietati; d’altro canto, R. alpina è già protetta in numerosi paesi europei.

Fermo restando quanto sopra, i provvedimenti di tutela diretta della specie non sono evidentemente sufficienti se viene distrutto il suo habitat naturale; sotto questo punto di vista, la delicatezza e la notevole lunghezza del periodo di vita larvale esige non solo la presenza di faggete, ma anche la garanzia che permangano in bosco alberi adeguatamente sviluppati e che non si provveda alla completa asportazione della biomassa legnosa, soprattutto nel caso di tronchi già deperiti e di una certa dimensione. In ogni caso, l’incremento e il miglioramento dei boschi di faggio e la difesa dal fuoco di quelli esistenti sono pure auspicabili.

E’ inoltre necessario conoscere qualcosa di più sulla effettiva diffusione attuale in Lombardia, sulla consistenza delle popolazioni meglio note o di maggior interesse, e, quindi, definire di piani d’azione specifici.

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Cosa non fare

Ridurre o alterare i boschi di faggio, in particolare eliminando gli alberi vecchi e deperiti; asportare tronchi morti e ceppaie di faggio.

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Bibliografia

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