Arachnida

Araneae

Asauridae

Codice lista italiana: 023.197.0.003.0

 

Dolomedes plantarius (Clerck, 1758)

 

Descrizione della specie

 

Corologia

 

Rarità generale, fragilità, status di protezione

 

Strategie di conservazione

 

Tipologie di intervento

 

Cosa non fare

 

Bibliografia

Foto E. Nieuwenhuys

 

Descrizione della specie

Grosso ragno la cui femmina raggiunge la ragguardevole lunghezza di 2,5cm, è assai simile ad esemplari privi di banda gialla del congenere Dolomedes fimbriatus, dal quale si distingue con certezza solo mediante esame dell’apparato riproduttivo.

Si tratta di una specie eminentemente igrofila, propria delle acque lentiche o debolmente correnti, ricche di vegetazione. Dolomedes plantarius preda invertebrati acquatici e anche piccoli vertebrati (quali larve di anuri ed avannotti di pesci) che caccia “alla posta”, stando appoggiato con le quattro zampe anteriori al pelo dell’acqua e tenendosi ancorato alla riva con gli arti rimanenti.

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Corologia

Dolomedes plantarius è specie in genere assai localizzata. E’ diffusa in Europa centrale e probabilmente in numerose aree dell’Italia settentrionale, tra cui la Lombardia; è segnalato anche in Italia peninsulare ed in Sardegna; la corologia di questa specie non è comunque ben definita, in quanto in passato è stata spesso confusa con l’affine Dolomdes fimbriatus.

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Rarità generale, fragilità, status di protezione

Compare con lo status “Vulnerabile” nella lista rossa della IUCN.

Considerato “Vulnerabile” nella lista rossa di Groppali & Priano (1992).

Elencato tra gli invertebrati necessitanti protezione speciale in Europa (Collins & Wells, 1987)

Si evidenzia che tutti gli invertebrati dei sistemi lentici naturalmente eutrofi sono considerati di prioritario interesse gestionale e pertanto inclusi nelle schede degli interventi prioritari per gli invertebrati.

Strategie di conservazione

A - Intervento diretto sulla zoocenosi

B - Intervento diretto sull’habitat

C - Attività di monitoraggio

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Tipologie di intervento

La specie abbisogna soprattutto di sponde con abbondante copertura di vegetazione e di acque con massiccia presenza di idrofite: vanno quindi incentivati interventi correttamente impostati di rinaturazione di corpi idrici con acqua stagnante o a lento corso, con particolare riferimento ad ambienti naturalmente eutrofi e ponendo particolare cura alla ricostruzione dell’ambiente ripariale (Ba2); analogamente dicasi per stagni e pozze, che vanno conservate ed eventualmente oculatamente manutentate se prossime alla totale occlusione (Ba6): in generale dovrebbe essere preferibile attuare interventi manutentivi per settori ovvero, nel caso di piccole raccolte d’acqua, evitare ogni disturbo all’ambiente ospitante la specie e creare nelle immediate vicinanze nuove pozze, prive di ittiofauna (A5), da abbandonare alla naturale evoluzione. Ogni intervento mirante al mantenimento di zone umide riccamente vegetate (Ba7) contribuisce di fatto ad incrementare le possibilità di sopravvivenza e di nuovo insediamento della specie, come pure il ripristino e la ricostituzione di zone umide compromesse (Bc2). Poiché l’abbondanza di vegetazione igrofila ed acquatica è essenziale all’ecologia di D.plantarius, andrebbero in ogni caso evitati sia l’impiego di diserbanti (Bc4), sia l’introduzione di specie ittiche inopportune, in grado di distruggere la flora sommersa (es.: Ctenopharyngodon idellus).

E’ inoltre essenziale procedere alla verifica, su base regionale, delle presenze reali (C4) o potenziali (C10) della specie ed al monitoraggio dello status delle popolazioni note (C1); queste attività dovrebbero essere coordinate a livello regionale e portare all’acquisizione delle informazioni necessarie per la compilazione di piani di intervento mirati (C11).

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Cosa non fare

Inquinare, artificializzare, occludere e bonificare stagni, pozze ed acque a lento corso, soprattutto se riccamente vegetati; in particolare vanno evitati in tali ambienti tutti quegli interventi di modificazione delle sponde e di asportazione delle idrofite. E’ inoltre assai probabile che la presenza massiccia di ittiofauna costituisca un forte deterrente verso la colonizzazione dei biotopi umidi da parte di questa specie, quindi va assolutamente evitata l’immissione di specie ittiche zoofaghe nei biotopi che non supportino naturalmente la presenza di pesci, quali piccole raccolte d’acqua separate dalla rete idrografica, stagni artificiali, pozze in paludi e simili.

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Bibliografia

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