In questi ultimi decenni, a partire dagli anni 50 e 60 del secolo scorso, si è verificata una progressiva rarefazione di lepidotteri, con la scomparsa o il declino di diverse specie in molte località, oltre alla riduzione della consistenza numerica delle popolazioni anche di specie comuni, nella maggior parte del territorio lombardo.
Le principali cause del declino sono ben note a tutti ed imputabili al diffuso inquinamento atmosferico, soprattutto veicolare, con il depositarsi di polveri sottili sulla vegetazione e sui fiori; all’eccessiva antropizzazione del territorio; all’uso di insetticidi e diserbanti in agricoltura, che se nebulizzati si depositano anche sulla vegetazione circostante le colture e all’alterazione o distruzione di molti dei residui habitat grandi e piccoli, situati all’infuori delle aree protette.
A queste si aggiungono molte altre cause meno note e non sempre imputabili all’azione diretta dell’uomo:
il naturale processo di imboschimento di radure e di aree aperte e prative, conseguenza dell’abbandono dei pascoli e delle campagne a cui si sono aggiunti frequenti rimboschimenti artificiali in aree anche di particolare pregio naturalistico;
la moderna meccanizzazione e gestione dell’agricoltura, oltre allo sfalcio precoce dei prati con la conseguente interruzione del ciclo biologico di molte specie;
una non sempre corretta gestione forestale sotto il profilo naturalistico con l’abbattimento di alberi considerati di scarsa resa economica, quali i pioppi tremuli ed i salici, e il taglio dei sottoboschi e delle fasce ecotonali;
la distruzione dei prati magri e di cespuglieti per l’impianto di nuovi vigneti nelle aree collinari;
le variazioni climatiche locali con la scomparsa di alcune specie ed il ritiro di altre in fasce altitudinali superiori;
le insufficienti precipitazioni atmosferiche di questi ultimi anni che hanno provocato l’impoverimento e l’abbassamento delle falde compromettendo la stabilità di molte aree umide e la sopravvivenza di specie già rare e minacciate;
i ripetuti incendi che alle volte si accaniscono a breve distanza di tempo negli stessi luoghi, osservando che non sempre gli incendi invernali e sporadici in aree prative e cespugliate costituiscono un danno per flora e fauna;
la reintroduzione del pascolo, soprattutto ovino, in aree prative da lungo tempo non più sottoposte a tale pratica;
alcune forme di collezionismo e commercio sfrenato di specie rare poco protette e particolarmente localizzate ed isolate in aree ristrette;
anche i campi elettrici di grandi elettrodotti e concentrazioni di ripetitori di vario genere potrebbero costituire un ostacolo alla presenza di comunità di insetti, soprattutto lepidotteri, in quanto localmente se ne sarebbe osservata una vistosa diminuzione, laddove la loro presenza era abbondante prima dell’installazione di tali impianti; ma in questi casi le conseguenze negative sono da dimostrare.
A queste si potrebbe aggiungere un lungo elenco di altre cause minori, che nel loro insieme contribuiscono sensibilmente alla rarefazione dei lepidotteri.
A seguito di quanto sopra, appare evidente che l’attuale legislazione di tutela degli habitat e degli insetti, anche se particolarmente sensibile al problema, può contribuire solo parzialmente all’effettiva salvaguardia della fauna entomologica, in quanto regolata da norme spesso difficilmente applicabili nel contesto del territorio, soprattutto all’infuori delle aree protette, sia per le difficoltà di controllo, sia per la dispersione degli habitat e le numerose e differenti ecologie e biologie dei lepidotteri, oltre alla scarsa informazione delle autorità locali e degli operatori agricoli, forestali e turistici. A questo proposito è utile consultare il documento “Entomolex” di A. Ballerio www.socentomit.it/italiano/Ballerio.html
che offre un’ampia ed aggiornata rassegna della legislazione vigente internazionale, comunitaria, nazionale e regionale, corredata da approfonditi commenti.
Che nella nostra regione la più grossa fetta di biodiversità naturale stia tra gli invertebrati e in particolare tra gli insetti non è certo un mistero tra gli studiosi e gli appassionati; tuttavia, questa consapevolezza non può certo dirsi acquisita dalla più larga parte della popolazione e, in particolare, anche tra chi è chiamato ad assumere decisioni tali da incidere sulla conservazione della natura spesso manca una chiara informazione sulla reale entità degli impatti che possono interessare questa delicata ed essenziale componente.
Nell’auspicare in un prossimo futuro una più consapevole e diffusa sensibilità naturalistica, che induca ad un più reale e meno retorico rispetto dell’ambiente e del paesaggio naturale, si deve comunque sollecitare la più rigorosa applicazione delle norme e delle direttive oggi disponibili almeno nei biotopi di maggior interesse naturalistico. In particolare, in Lombardia, ciò deve essere fatto innanzitutto a partire dal sistema regionale delle aree protette di cui alla LR 86/83 e dai siti di Rete Natura 2000 (Siti di Importanza Comunitaria e Zone di Protezione Speciale) individuati a seguito della direttiva 92/43/CEE (la direttiva “Habitat“, del 21 maggio 1992) e della direttiva 79/409/CEE (la direttiva “Uccelli”, del 2 aprile 1979); in tale modo si può immediatamente contribuire ad una effettiva anche se geograficamente limitata tutela delle farfalle.
Nel contempo, alcune semplici regole operative potrebbero essere più diffusamente introdotte nelle norme e negli strumenti in grado di incidere sulla gestione del territorio, sempre allo scopo di raggiungere alcuni risultati positivi e stabili; tra questi accorgimenti, si ricordano i seguenti:
La salvaguardia, nell’ambito della gestione forestale,
di parte del sottobosco e delle fasce ecotonali presenti nelle radure,
lungo le piste agro-silvo-pastorali ed ai margini di boschi. Si eviterebbe
così la distruzione di molte colonie di specie silvane rare e vistose,
quali ad esempio Apatura iris
e Limenitis populi (peraltro
non incluse negli elenchi di specie vulnerabili della Convenzione di Berna
e della Direttiva Habitat);
nelle aree agricole, soprattutto nell’ambito di
vaste monocolture purché compatibili con le moderne impostazioni agricole,
si dovrebbe incentivare la presenza di siepi naturali con specie vegetali
autoctone ed idonee, quali Pioppi, Salici, Biancospini, Prugnoli, Ligustri
ecc., come ad esempio attuato in ampie porzioni del Parco del Ticino;
in tale modo si consentirebbe tra l’altro la presenza di insetti predatori
che potrebbero limitare la diffusione di altri insetti nocivi e infestanti;
la protezione dei paesaggi rurali più caratteristici
impedendone la banalizzazione dovuta a massicce riconversioni agricole
e all’eccessivo proliferare di serre o altre strutture agricole invasive;
la conservazione degli ambienti umidi o di prato arido talora presenti nelle cave dismesse e negli incolti, evitandone l’utilizzo per discariche, impianti sportivi e “false bonifiche”;
favorire la conservazione e ove possibile l’incremento
di molinieti, steppe, brughiere aperte, prati umidi e praterie naturali
promuovendo non solo la tutela, ma anche e soprattutto una gestione attiva
che consenta il permanere di questi habitat, di regola destinati ad evolvere
verso formazioni del tutto diverse: si dovrebbe in particolare controllare
lo sviluppo degli arbusti e delle piante legnose in genere, provvedendo
secondo i casi ad interventi mirati e saltuari oppure anche a sfalcio
periodico e controllato, preferibilmente per settori, per evitare effetti
devastanti alle popolazioni di alcune specie di lepidotteri rari e minacciati,
quali ad esempio Maculinea alcon
e Coenonympha oedippus;
Rendere abituale la consultazione di entomologi
del luogo per ogni intervento che possa implicare nocumento all’entomofauna,
soprattutto nell’ambito delle valutazioni di incidenza obbligatorie per
legge nei siti Natura 2000, al fine di acquisire utili indicazioni sull’eventuale
presenza di specie elusive o rare, che potrebbero sfuggire anche ad una
meticolosa ricerca sul campo effettuata da persone qualificate;
Prevedere anche nei parchi delle urbane la realizzazione di spazi naturali con prati cespugliati, limitandone la manutenzione al controllo della vegetazione infestante e al contrasto del degrado di qualsiasi forma.
Dopo queste brevi osservazioni, evitando di approfondire eccessivamente un argomento piuttosto complesso nei suoi molteplici aspetti, vengono elencati e descritti per sommi capi i documenti relativi a norme e direttive internazionali, comunitarie, nazionali e regionali per la conservazione degli ambienti e degli insetti.