RINOLOFO MAGGIORE (Rhinolophus ferrumequinum)

È un pipistrello di grossa taglia: la lunghezza testa-corpo è compresa tra 57 e 71 mm, l’apertura alare tra 350 e 400 mm e il peso è di 17-34 g. Caratteristica comune agli altri rinolofi è la presenza di una complessa struttura nasale. La pelliccia è folta e soffice; il mantello ha un colore da marrone chiaro a bruno sul dorso e crema sul ventre. Patagio e orecchie sono grigio-bruni.

 

È una specie che predilige zone calde e aperte con alberi e cespugli, in aree calcaree prossime ad acque ferme o correnti, anche in vicinanza di insediamenti umani. Si spinge anche a quote elevate, ma generalmente i rifugi sono situati a quote non superiori agli 800 m. I rifugi estivi si trovano in edifici, fessure delle rocce, cavi degli alberi e talora in grotte e gallerie minerarie; lo svernamento avviene in cavità sotterranee naturali o artificiali. Caccia nei boschi, lungo i pendii e le falesie e nei giardini; evita i lampioni stradali. Il sistema di ecolocalizzazione, capace di emissioni di breve portata, sembra adatto alla ricerca di prede in spazi ristretti piuttosto che in aree aperte. Individua le prede da un posatoio a cui ritorna per inghiottirle. Le nursery sono spesso localizzate nei sottotetti e nei solai degli edifici, i quartieri di svernamento sono posti in cavità sia naturali sia artificiali. I piccoli (1 raramente 2) nascono, in nursery costituite da una decina di femmine, tra maggio e giugno (Fornasari et al., 1997; Spagnesi & Toso, 1999). Specie sedentaria; sono noti movimenti fra i rifugi invernali ed estivi di 10-60 km. Il più lungo spostamento conosciuto è di 180 km (Rodrigues et al., 2002).

In Italia è presente su tutto il territorio nazionale (Spagnesi & Toso, 1999).

 

Dall’analisi dei dati a disposizione per la Lombardia fino al 2001 è possibile ipotizzare che R. ferrumequinum abbia una distribuzione prevalentemente legata alle zone collinari e basso montane della regione, sia per quanto riguarda la parte settentrionale sia la zona dell’Oltrepò pavese (Figura 8.1). Colonie riproduttive sono presenti in Valtellina; diversi individui sono stati osservati in tutte le stagioni in alcune cavità nella zona del Lario e della costiera Gardesana occidentale. Dati storici segnalano la presenza di questa specie in numerose località. Dati più recenti mostrano tuttavia una notevole rarefazione rispetto al passato.

 

Figura 8.1. Distribuzione del Rinolofo maggiore (Rhinolophus ferrumequinum) in Lombardia.

 

Il Rinolofo maggiore è specie inserita nell’allegato II alla Direttiva Habitat (Dir. 92/43/CEE) “Specie animali e vegetali di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione”. È inoltre inserita nell’Allegato II alla Convenzione di Bonn (resa esecutiva in Italia con la Legge 42/1983) che comprende le specie migratrici considerate in cattivo stato di conservazione, per la cui tutela le Parti contraenti s’impegnano a concludere accordi ai fini di conservazione e gestione. La specie è altresì inclusa nel cosiddetto Bat Agreement o Accordo sulla Conservazione dei Pipistrelli in Europa (ratificata in Italia con Legge 104/2005). La specie è inclusa nell’elenco di priorità per il triennio 2003-2006, stilato dai Paesi partner del Bat Agreement, per quanto concerne il suo monitoraggio. È infine incluso nell’Allegato II “Specie particolarmente protette” della Convenzione di Berna (ratificata in Italia con Legge 503/1981).

 

Secondo la Lista Rossa redatta dal “SSC Chiroptera Specialist Group” dell’I.U.C.N. (2001) in Italia è specie “a minor rischio” d’estinzione” (LR); secondo la Lista Rossa dei Vertebrati Italiani (Calvario & Sarrocco, 1997) il Rinolofo maggiore è invece da considerarsi “vulnerabile” (VU). La specie è considerata in forte contrazione nel suo areale europeo (Stebbings, 1988), sebbene gli andamenti nei diversi paesi europei non concordino. Decrementi di varia entità sono stati registrati in diversi paesi, tra cui Germania, Belgio, Bulgaria, Ungheria, Italia e Francia. Incrementi sono invece stati registrati in alcune aree del Regno Unito. Complessivamente lo status di conservazione non appare favorevole (Ransome & Hutson, 2000). Le cause principali sono imputate all’utilizzo di sostanze tossiche nelle opere di ristrutturazione, al disturbo arrecato alle colonie o alla completa distruzione dei rifugi, all’avvelenamento da parte dei pesticidi utilizzati in agricoltura, nonché alle alterazioni degli habitat di foraggiamento. Dai dati attualmente a disposizione, in Lombardia la specie si può considerare come “in pericolo” con un valore di priorità complessiva pari a 9 (si veda a questo proposito il capitolo “Priorità di conservazione e aree di maggiore importanza”).

 

Attualmente gli interventi di conservazione dovrebbero prevedere innanzitutto una migliore definizione dello status di conservazione della specie nella regione con l’identificazione del maggior numero di siti di rifugio. La protezione delle nursery e dei siti di svernamento, anche ospitanti pochi individui, è una delle azioni più importanti da intraprendere (particolare attenzione va posta alle ristrutturazione degli edifici e ad eventuali posizionamenti di grate di chiusura alle cavità naturali e artificiali). In secondo luogo è necessario adottare misure di gestione del paesaggio che consentano il mantenimento di ambienti naturali e seminaturali diversificati. Come per tutte le altre specie di Chirotteri risulta estremamente importante una corretta educazione e divulgazione relativa alla “convivenza” con questa specie.