PRIORITà DI CONSERVAZIONE E AREE DI MAGGIORE IMPORTANZA

(Elisabetta de Carli & Lorenzo Fornasari)

 

Priorità di conservazione

L’individuazione delle priorità di conservazione e, conseguentemente, di intervento sulle specie costituisce uno dei principali obiettivi di questa indagine. Per identificare le priorità a livello regionale è stata innanzitutto redatta una “Lista Rossa” regionale e successivamente è stato calcolato un indice sintetico di priorità per ciascuna delle singole specie. Si tiene a sottolineare come questo tipo di valutazioni (Liste Rosse e Priorità di Conservazione) sia inevitabilmente in continuo aggiornamento. La raccolta di nuovi dati, soprattutto per taxa normalmente poco indagati, porta necessariamente ad una migliore definizione della distribuzione delle specie e di conseguenza ad una migliore valutazione dello status di conservazione.

 

La Lista Rossa regionale è stata redatta utilizzando i criteri dell’IUCN (International Union for Conservation of Nature and Natural Resources) - www.redlist.org – che prevede la valutazione dello status di ciascuna specie secondo nove categorie, organizzate secondo la figura che segue (Figura 6.1).

 

Figura 6.1 Categorie IUCN utilizzate nella redazione della Lista Rossa regionale.

 

L’analisi dei dati bibliografici nonché di quelli raccolti per la presente indagine hanno portato alla lista rossa descritta nella Tabella 6.1. I criteri di inclusione di ciascuna specie nelle differenti categorie sono descritti dall’IUCN (2003).

 

Tabella 6.1. Lista Rossa dei Chirotteri della Lombardia, redatta sulla base dei dati raccolti per la presente indagine e di dati di letteratura (le specie minacciate sono evidenziate in arancione).

Nome Comune

Nome Scientifico

Status

Criteri

Rinolofo euriale

Rhinoluphus euryale

EX ?

 

Rinolofo maggiore

Rhinoluphus ferrumequinum

EN

C2a.i

Rinolofo minore

Rhinoluphus hipposideros

CR

C2a.i

Vespertilio mustacchino

Myotis mystacinus

DD

 

Vespertilio smarginato

Myotis emarginatus

EN

C2a.ii

Vespertilio di Bechstein

Myotis bechsteinii

EN

D

Vespertilio di Natterer

Myotis nattereri

NT

 

Vespertilio di Daubenton

Myotis daubentonii

LC

 

Vespertilio di Capaccinii

Myotis capaccinii

EN

C2a.ii

Vespertilio maggiore

Myotis myotis

VU

B2a

Vespertilio di Blyth

Myotis blythii

VU

B2a

Pipistrello nano

Pipistrellus pipistrellus

LC

 

Pipistrello di Nathusius

Pipistrellus nathusii

NT

 

Pipistrello albolimbato

Pipistrellus kuhlii

LC

 

Pipistrello di Savi

Hypsugo savii

LC

 

Serotino comune

Eptesicus serotinus

NT

 

Serotino di Nilsson

Eptesicus nilssonii

DD

 

Serotino bicolore

Vespertilio murinus

DD

 

Nottola comune

Nyctalus noctula

VU

B2b.iii

Nottola di Leisler

Nyctalus leisleri

VU

B2b.iii

Miniottero

Miniopterus schreibersi

CR ?

B1a - B1b.i -B1b.iv

Orecchione bruno

Plecotus auritus

DD

 

Orecchione meridionale

Plecotus austriacus

DD

 

Orecchione alpino

Plecotus macrobullaris

DD

 

Barbastello

Barbastella barbastellus

EN

C2a.i - B2b.iii

Molosso di Cestoni

Tadarida teniotis

LC

 

 

Come si può notare lo status di conservazione dei Chirotteri in Lombardia è nella quasi metà dei casi non favorevole; considerando che delle rimanenti specie, solo una minima parte può venire inclusa nella categoria “a più basso rischio” si comprende come azioni di salvaguardia siano strettamente necessarie per il gruppo in esame.

 

Per il calcolo dell’indice sintetico sono stati utilizzati gli stessi criteri già adottati in precedenza da Fornasari & Villa (2001). Tale indice è stato calcolato per ciascuna specie utilizzando quali elementi di base i principali attributi ecologici o attributi biologici, così come definiti dalla letteratura scientifica (Usher, 1986). Tali attributi tengono conto di diversi fattori, dalla rarità all’estensione dell’habitat, dal valore scientifico alla fragilità ecologica, dalla consistenza delle popolazioni alle tendenze numeriche. Elenchi di questo tipo sono riportati da Malcevschi (1985) e da diversi autori nel volume redatto da Usher (1986).

 

Molti dei criteri citati presentano una stretta correlazione e dipendenza reciproca (ad esempio, la rarità in senso quantitativo è connessa con la selettività ambientale e con la fragilità). Per evitare la ridondanza tra differenti attributi biologici (come evidenziato da Given & Norton, 1993) sono stati individuati alcuni criteri riassuntivi delle caratteristiche di rarità a due differenti livelli: a) livello generale; b) livello regionale. Per il livello generale i criteri utilizzati sono rarità generale, corologia, dimensione della popolazione o resilienza; per il livello regionale i criteri utilizzati sono consistenza del popolamento, selettività ambientale, fragilità. Il punteggio attribuito a ciascun livello deriva dalla somma dei singoli punteggi parziali di ciascun criterio, addizionata di 1. A ciascun criterio può essere attribuito un valore compreso tra 0 (nessuna rilevanza) e 3 (massima rilevanza). In questo modo il valore complessivo della somma che si ottiene è, in entrambi i casi, compreso tra 1 e 10.

 

Si può ricavare infine una scala di Priorità Complessiva (P) che tiene conto dell’interazione tra il livello generale e quello regionale. Secondo questo criterio, rilevanti possono essere anche specie che presentano un grado medio di interesse su entrambi i livelli, così come specie che presentano un grado elevato di interesse per uno soltanto dei due livelli (Fornasari et al., 1999). La scala dei valori che esprimono la Priorità Complessiva varia tra 1 e 14 (ottenuti con la somma pitagorica dei due livelli); le specie prioritarie di vertebrati presentano valori superiori o uguali a 8.

 

I singoli criteri utilizzati nell’attribuzione dei relativi punteggi sono indicati qui di seguito:

 

Nella tabella che segue (Tabella 6.2), per ciascuna specie, sono elencati i punteggi assegnati a ciascun attributo e il valore di priorità complessiva.

 

 

Tabella 6.2. Valutazione degli attributi ecologici e priorità complessiva.

Nome Comune

Nome Scientifico

Rarità generale

Corologia

Fragilità

Consistenza popolamento regionale

Selettività

Criticità

Priorità complessiva

Rinolofo

euriale

Rhinolophus

euryale

3

2

3

3

3

1

12

Rinolofo

maggiore

Rhinoluphus ferrumequinum

3

0

3

2

2

2

9

Rinolofo

minore

Rhinoluphus hipposideros

3

1

3

3

2

1

10

Vespertilio mustacchino

Myoti

 mystacinus

2

0

3

2

2

1

8

Vespertilio

smarginato

Myotis

emarginatus

3

2

3

3

2

2

12

Vespertilio di Bechstein

Myotis

bechsteinii

3

1

3

3

3

3

12

Vespertilio di Natterer

Myotis

nattereri

3

0

3

3

2

2

10

Vespertilio di Daubenton

Myotis

daubentonii

2

0

3

2

2

1

8

Vespertilio di Capaccinii

Myotis

capaccinii

3

2

3

3

3

2

12

Vespertilio

maggiore

Myotis

myotis

3

1

3

2

2

2

10

Vespertilio

di Blyth

Myotis

blythii

3

0

3

2

2

2

9

Pipistrello nano

Pipistrellus pipistrellus

1

1

2

0

0

1

5

Pipistrello di Nathusius

Pipistrellus nathusii

2

2

2

2

2

2

9

Pipistrello albolimbato

Pipistrellus

kuhliI

1

1

2

0

0

1

5

Pipistrello

di Savi

Hypsugo

savii

1

0

2

1

1

1

5


 

Nome Comune

Nome Scientifico

Rarità generale

Corologia

Fragilità

Consistenza popolamento regionale

Selettività

Criticità

Priorità complessiva

Serotino

comune

Eptesicus

serotinus

1

0

2

1

1

1

5

Serotino

di Nilsson

Eptesicus

nilssonii

2

1

2

3

2

3

10

Serotino

bicolore

Vespertilio

murinus

2

0

2

3

1

1

7

Nottola

comune

Nyctalus

noctula

2

0

2

2

3

2

9

Nottola

di Leisler

Nyctalus

leisleri

2

0

2

2

3

2

9

Miniottero

Miniopterus schreibersi

3

0

3

3

3

0

9

Orecchione sp.

Plecotus

sp.

NON VALUTATO

Barbastello

Barbastella barbastellus

3

1

3

3

3

1

11

Molosso

di Cestoni

Tadarida

teniotis

1

1

2

2

2

0

7

 

Come si può evincere dalle valutazioni fatte, la maggior parte delle specie di Chirotteri sono di prioritaria importanza per la conservazione nella regione. L’identificazione di aree di maggiore importanza per le specie in questione nonché l’identificazione di misure gestionali da applicare non solo alle aree protette, ma anche a nel resto del territorio regionale, sono il presupposto per efficaci misure di conservazione.

 

Aree di maggiore importanza

Il numero elevato di specie presenti in Lombardia evidenzia come il territorio regionale sia potenzialmente molto importante per la conservazione della Chirotterofauna italiana. Tale affermazione è in parte confermata dai risultati del “Progetto roost” condotto dal GIRC (Gruppo Italiano Ricerca Chirotteri - www.pipistrelli.org). Tale progetto, avviato nel 1999, si propone la realizzazione di una banca dati nazionale dei siti di rifugio utilizzati dai Chirotteri (Girc, 2004). L’inventario dovrebbe permettere, oltre all’identificazione dei roost e della loro importanza conservazionistica, l’individuazione di efficaci misure di tutela. Secondo tale inventario in Lombardia si contano 66 roost su un totale nazionale di 750. I rifugi ritenuti di importanza prioritaria sono solo tre, ma le regole di selezione seguono in larga parte criteri numerici relativi ai singoli rifugi, non sempre applicabili al contesto regionale.

 

Nell’identificazione delle aree regionali di maggiore importanza bisogna sicuramente tenere conto delle esigenze ecologiche delle diverse specie e del loro status di conservazione nella regione.

 

Le specie generalmente considerate antropofile sono state rilevate praticamente in tutte le zone indagate. Pipistrellus kuhlii è la specie di gran lunga più abbondante all’interno del territorio regionale. La specie è stata rilevata in corrispondenza di ogni ambiente antropizzato sia esso costituito da centri urbani o zone rurali. Pipistrellus pipistrellus, come il Pipistrello albolimbato, è stato rinvenuto in ogni zona indagata. Anche per Hypsugo savii la distribuzione in Lombardia risulta essere abbastanza omogenea. Sebbene non abbondante come le due precedenti specie, il Pipistrello di Savi si rileva frequentemente negli abitati alle quote più elevate, come ad esempio in Val Camonica (1826 m). Da evidenziare è la dislocazione altitudinale di queste tre specie antropofile. Pipistrellus kuhlii è stato rilevato soprattutto alle basse e medie quote (rilevato ad un massimo di 1190 m), mentre Hypsugo savii e Pipistrellus pipistrellus mostrano le abbondanze maggiori a fasce altitudinali intermedie rispettivamente con massimo altitudinale di 1830 m e 1800 m; tale dato deriva probabilmente da un minor grado di antropofilia e da un maggiore legame con habitat rurali o forestali. In aree dove la pressione urbana” è minore, all’interno degli abitati compare una specie più “esigente” come Eptesicus serotinus che risulta distribuita nella regione in modo più rarefatto. Risulta essere una specie antropofila diffusa soprattutto in pianura e in collina, evitando le zone urbane con scarsa presenza di aree verdi. I dati più recenti evidenziano come la specie sia presente anche nella parte centro-orientale della regione, in aree non evidenziate in precedenza (Prigioni et al., 2001). Eptesicus serotinus, essendo più selettivo nella scelta dell’habitat potrebbe essere considerato come indicatore di qualità per gli ambienti antropizzati. I pochi dati a disposizione per Eptesicus nilssonii confermano la distribuzione conosciuta per l’Italia: la specie è infatti ritenuta presente nelle regioni nord-orientali del paese, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia. La scarsità dei rilevamenti di Verspertilio murinus è con tutta probabilità da ricondurre alla dislocazione del suo areale di distribuzione che ha, in Italia, il suo margine meridionale. I dati appena illustrati mostrano come, in generale, le specie antropofile in Lombardia siano bene distribuite e non risultino particolarmente minacciate.

 

Tra le specie generalmente non considerate strettamente antropofile, ma che almeno durante una parte del loro ciclo biologico sfruttano gli edifici antropici vi sono le due specie criptiche Myotis myotis e Myotis blythii. La distribuzione di queste due specie nella regione sembra essersi contratta negli ultimi cinquant’anni, indicando chiaramente uno status non favorevole. Le uniche colonie riproduttive miste composte da numerosi individui sono al momento localizzate in Valtellina (Preatoni et al., 2000), dove sono presenti anche gli habitat di caccia idonei alle specie. La Valtellina (Figura 6.2) appare di particolare interesse dal punto di vista della Chirotterofauna non solo per la presenza di roost riproduttivi di questi due vespertilii, ma anche per la presenza di due specie di particolare interesse per la conservazione, Rhinolophus ferrumequinum e R. hipposideros (R. ferrumequinum è presente con due colonie riproduttive di circa 10 e 20 individui, mentre R. hipposideros è stato osservato durante il periodo di attività a Ponte in Valtellina; Preatoni et al., 2000; Prigioni et al., 2001), oltre che per le diverse segnalazioni di Nyctalus noctula, specie ritenuta vulnerabile in Lombardia e la cui conservazione dovrebbe costituire una priorità.

 

Figura 6.2. La Valtellina appare di particolare interesse dal punto di vista della Chirotterofauna per la presenza di Myotis myotis, M. blythii, Rhinolophus ferrumequinum, R. hipposideros e Nyctalus noctula.

 

La maggior parte delle specie che, per almeno una parte del loro ciclo biologico, possono essere considerate troglofile, è probabilmente da considerarsi minacciata nella regione; Rhinolophus ferrumequinum, Rhinolophus hipposideros, Myotis capaccinii, Miniopterus schreibersi, Myotis emarginatus e Myotis bechsteinii sono considerate specie “prioritarie” anche a livello europeo.

 

Rhinolophus ferrumequinum è stata una delle specie individuate con minor frequenza. La sua presenza, nell’ambito di questa ricerca, è stata infatti riscontrata tramite catture in poche grotte presenti nel settore meridionale del Parco dell’Alto Garda Bresciano, nel Massiccio delle Grigne e triangolo lariano oltre che all’interno di una torretta ornamentale di una darsena sul Lago di Como. Tramite rilevatore di ultrasuoni è stato rilevato solamente presso la Riserva Naturale del Sasso Malascarpa. I pochi dati raccolti con l’utilizzo di bat-detector sono probabilmente dovuti oltre che ad una bassa densità della specie anche al fatto che gli ultrasuoni emessi dai Rhinolophidae sono generalmente poco rilevabili se l’animale non è molto vicino allo strumento di rilevamento. La specie potrebbe pertanto essere un po’ più diffusa di quanto in realtà appare. Come già indicato, dati di letteratura segnalano la specie presente in Valtellina. Rhinolophus hipposideros verte in una situazione ben più critica: non sono mai stati infatti catturati individui ed è stato rilevato tramite bat-detector solo in una stazione nel Parco del Campo dei Fiori.

 

Fino al secolo scorso entrambi i rinolofi risultavano comuni in tutta la Lombardia (Gulino e Dal Piaz, 1939; Lanza 1959) e molte riviste speleologiche riportano per il passato numerose colonie nelle cavità lombarde. Sebbene diverse delle cavità citate siano state indagate nel corso delle indagini non sono stati ottenuti risultati positivi. Alcune specie di Myotis di piccole dimensioni come Myotis daubentonii, Myotis capaccinii e Myotis mystacinus sono specie troglofile che svolgono attività di foraggiamento in diversi ambienti in cui siano presenti corpi e corsi d’acqua. I dati raccolti evidenziano infatti una presenza di queste specie in corrispondenza della maggior parte dei corpi d’acqua indagati, in particolare quelli in prossimità di aree carsiche.

 

L’utilizzo di tecniche miste per la raccolta dei dati ha consentito di acquisire informazioni su specie considerate poco comuni nella regione quali ad esempio Myotis emarginatus e Myotis bechsteinii, specie considerate in pericolo d’estinzione in tutto l’areale europeo (Stebbings, 1988) e Myotis nattereri. Queste tre specie spesso considerate forestali, in Lombardia sembrano essere maggiormente legati agli ambienti ipogei, perlomeno nel periodo tardo estivo-autunnale; la maggior parte dei dati riguarda infatti catture di individui effettuate presso gli ingressi di cavità naturali. La presenza di numerose specie considerate in qualche modo minacciate indicano come gli ambienti troglofili rivestono un ruolo di fondamentale importanza nell’ambito della conservazione dei Chirotteri in Lombardia. Le aree carsiche di maggiore importanza sembrano essere quelle nella fascia prealpina della regione, dove sono presenti condizioni climatiche favorevoli per i Chirotteri e contemporaneamente aree trofiche importanti quali i laghi o le ampie zone naturali e seminaturali ancora presenti in alcune porzioni del territorio (Figura 6.3).

 

Figura 6.3. Le aree carsiche di maggiore importanza per i Chirotteri sono quelle nella fascia prealpina, dove sono presenti condizioni climatiche favorevoli e aree trofiche importanti.

 

Alcune delle specie comunemente considerate fitofile vertono in una situazione non favorevole: i rilevamenti effettuati nell’ambito di questo studio mostrano una presenza generalmente scarsa o localizzata per quanto concerne le due specie del genere Nyctalus e per Barbastella barbastellus. Una situazione più favorevole sembra sussistere per Pipistrellus nathusii e per le specie del genere Plecotus.

 

Pipistrellus nathusii, considerato poco comune nel passato (Gulino e Dal Piaz, 1939), è stato rilevato con una certa frequenza in diverse aree della regione; diverse catture sono state inoltre effettuate in Provincia di Varese (Preatoni et al., 2000) e di Lecco e nella zona meridionale del Parco dell’Alto Garda Bresciano. Sebbene i dati a disposizione indichino che la specie non è minacciata a livello lombardo, le sue abitudini fitofile suggeriscono che misure di conservazione debbano essere prima di tutto dirette alla conservazione degli habitat forestali, soprattutto nelle zone planiziali e collinari. Le specie del genere Plecotus risultano ben distribuite nella regione: nonostante si tratti di specie scarsamente rilevabili attraverso l’uso del bat-detector la distribuzione dei rilevamenti indica una presenza diffusa, confermata dal numero elevato di catture effettuate in diverse porzioni del territorio lombardo. Se a livello di genere non sembra esservi alcuna preoccupazione inerente lo status di conservazione, lo stesso non si può dire per le specie, a causa della recente identificazione di nuovi taxa, tuttora oggetto di indagini. La distribuzione di Nyctalus leisleri e di Nyctalus noctula risulta scarsa in tutta la regione. Nonostante le numerose catture di individui di N. leisleri avvenute nel periodo tardo estivo in corrispondenza di un passo alpino localizzato nella parte orientale della regione, molto poco si sa sulla sua effettiva distribuzione o sull’esistenza di colonie riproduttive. Nyctalus noctula sebbene probabilmente distribuita in tutta la regione, è presente in modo scarso nei boschi di latifoglie di bassa quota delle Prealpi e della Pianura Padana. Entrambe le specie del genere Nyctalus sono molto mobili e probabilmente risentono poco dei fenomeni di frammentazione tipici ambienti boschivi planiziali. Allo stato attuale sembra che N. noctula possa avvantaggiarsi di misure di gestione forestale (riguardanti soprattutto il patrimonio boschivo planiziali) che consentano il mantenimento e lo sviluppo di boschi maturi.

 

Più complessa è la situazione di Barbastella barbastellus, considerato raro in Lombardia fin dal secolo scorso (Senna, 1892). I dati acquisiti rilevano come la specie sia presente in ambienti boschivi di bassa pianura o di bassa montagna. Il Barbastello è una specie con problemi di conservazione marcati, sia a livello europeo che a livello regionale. La specie, data la sua sedentarietà e risente probabilmente di più delle nottole dei fenomeni di frammentazione ambientale. Data la maggiore selettività ambientale del Barbastello, l’identificazione di aree importanti per tale specie sottintende l’identificazione di aree importanti anche per le altre specie fitofile. Per verificare i legami tra la distribuzione del Barbastello e le caratteristiche ambientali ci si è avvalsi della cartografia ambientale disponibile per la regione Lombardia relativa alla “Destinazione d’Uso dei uoli Agricoli e Forestali – DUSAF e, relativamente alle quote, del DTM (Digital Terrain Model) di tutta Italia. Grazie all’utilizzo di un SIT è stato possibile verificare in quale categoria ambientale ricadessero i punti in cui tale specie è stata rilevata. Dei 21 punti in cui la specie è stata determinata, 11 ricadono in zone classificate come “Boschi” e sei in “Seminativi”. I rimanenti quattro punti ricadono in due categorie diverse (uno in “Prati” e, tre in “Aree urbanizzate”). I risultati ottenuti non discordano dalle esigenze ecologiche della specie riportate dalla letteratura (Fornasari et al, 1997), infatti tutti i punti di rilevamento risultano ubicati ad una distanza da zone boschive comunque sempre inferiori ai 5000 metri. Più che l’habitat in cui la specie è stata effettivamente rilevata sembra essere importante la composizione ambientale nell’intorno del punto di rilevamento. Considerando un raggio di 5000 metri la composizione media dell’habitat è quella rappresentata nella figura che segue (Figura 6.4).

 

Figura 6.4. Composizione media dell’habitat in un intorno di 5000 m da ciascun punto di rilevamento di Barbastello.

 

Benché le aree agricole mediamente rappresentino poco più del 35%, va comunque sottolineato come le aree a bosco rappresentino in media oltre il 30 % dell’habitat presente nel raggio di cinque chilometri, situazione non comune nelle aree planiziali. Analizzando la copertura percentuale delle aree boschive nel medesimo intorno, si può notare come al di sotto di una percentuale minima del 6% non siano mai stati rilevati individui (Figura 6.5).

 

 

Figura 6.5. Copertura percentuale delle aree boschive in un intorno di 5000 m da ciascun punto di rilevamento di Barbastello.

 

Per quanto concerne le quote, i rilevamenti sono avvenuti tutti entro 510 m s.l.m., con un'unica eccezione a 908 m, confermando le preferenze per le quote più basse della specie (Fornasari et al., 1997). Per l’identificazione delle aree di maggiore interesse per la specie sono stati utilizzate, in modo congiunto, sia le informazioni relative all’habitat sia quelle relative alle quote. La vocazionalità dell’intero territorio regionale relativamente all’habitat è stata ottenuta calcolando la percentuale di aree boschive nell’intorno di 5000 metri. In pratica ogni cella di 1000 metri di lato in cui il territorio regionale è stato suddiviso è stata classificata come a vocazionalità NULLA per la specie se la percentuale di aree boschive era compresa tra lo 0 e il 5%, a vocazionalità BASSA se la percentuale era compresa tra il 5 e il 20% e a vocazionalità ALTA nel caso di percentuale di copertura maggiore del 20%. Il quadro che ne deriva è quello mostrato nella Figura 6.6. Con questo tipo di approccio si evidenziano non solo le aree a maggiore copertura boschiva, ma contemporaneamente quelle a maggiore dimensione e continuità.

 

 

Figura 6.6. Vocazionalità del territorio lombardo per il Barbastello (habitat).

 

Analogamente ciascuna cella di 1000 metri di lato è stata considerata  a vocazionalità NULLA se avente una quota media maggiore di 910 m, a vocazionalità BASSA se compresa tra 511 e 910 e a vocazionalità ALTA nel caso di quote pari o inferiori ai 510 m. La carta che ne risulta è mostrata nella Figura 6.7.

 

 

Figura 6.7. Vocazionalità del territorio lombardo per il Barbastello (quote).

 

Combinando i due tipi di informazione si ottiene una carta di vocazionalità complessiva per la specie (Figura 6.8).

 

Figura 6.8. Vocazionalità complessiva del territorio lombardo per il Barbastello.

 

Attraverso questa semplice analisi emerge come le zone lombarde favorevoli per Barbastella barbastellus siano decisamente limitate. Peraltro, in alcune delle aree ritenute idonee, quali ad esempio il Parco Regionale del Campo dei Fiori o la Valtellina e la Val Chiavenna, non vi è alcun tipo di dato che conferma la presenza di questa specie. La mancanza di rilevamenti di Barbastello in queste aree è forse dovuta più a motivi climatici che ambientali. Tuttavia sarebbe opportuno verificare tale assunto cercando di definire meglio la distribuzione di questa specie nella regione con indagini mirate soprattutto nell’Appennino pavese e nei boschi lungo il corso della parte planiziali dell’Adda.

 

Le analisi condotte hanno mostrato come Barbastella barbastellus venga inoltre a volte rilevato in vicinanza di aree classificate come a vegetazione naturale arbustiva in cui sono comunque presenti diversi elementi arborei e di aree boschive composte principalmente da legnose agrarie quale ad esempio i castagneti da frutto, i frutteti e i pioppeti. Tali habitat concorrono probabilmente a determinare la vocazionalità del territorio, evidenziando soprattutto quali possano essere le aree in cui interventi di miglioramento ambientale e/o rinaturalizzazione possono risultare efficaci per la conservazione della specie in esame. Interventi analoghi, mirati soprattutto all’aumento della superficie boscata, corrispondente in definitiva ad una riduzione della frammentazione dell’habitat, si possono presupporre anche per le aree considerate a vocazionalità bassa.

 

Il quadro che deriva dalla combinazione di tutte queste informazioni si può riassumere nella carta che segue (Figura 6.9), dove alle aree a diversa vocazionalità sono state aggiunte le aree in cui gli habitat composti da vegetazione naturale e legnose agrarie hanno una maggiore estensione e continuità.

 

Figura 6.9. Identificazione delle aree e delle misure principali di gestione per la conservazione del Barbastello in Lombardia.

 

La carta fornisce una duplice informazione: da un lato identifica le aree attualmente considerabili di maggiore importanza per il Barbastello, dall’altro identifica le zone dove diversi tipi di gestione potrebbero avere effetti positivi sullo status di conservazione della specie. Se nelle aree a vocazionalità alta, le misure di gestione devono prevedere il semplice mantenimento della struttura matura del bosco, nelle aree a vocazionalità bassa e nelle altre aree identificate la gestione dovrebbe soprattutto prevedere da un lato la diminuzione dei fenomeni di frammentazione e dall’altro il naturale sviluppo di vegetazione naturale arbustiva e boschiva. Questo tipo di gestione essendo il minimo richiesto per specie molto selettive come Barbastella barbastellus, possono sicuramente avere favorevoli ripercussioni sulla conservazione delle altre specie forestali come le nottole e diverse specie di Myotis.