(Elisabetta de Carli, Rossella Annoni & Ilaria Cavenati)
Le specie di Chirotteri attualmente presenti in Lombardia sono almeno 24 (Prigioni et al., 2001), su di un totale nazionale di almeno 30 (Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, 2003). Il numero delle specie presenti in Italia (e di conseguenza anche in Lombardia) è in realtà in continua fluttuazione. Nel 1999 è stato riconosciuto lo status di specie al Pipistrello soprano, Pipistrellus pygmaeus (Jones & Barrat, 1999), rinvenuto anche in Italia (Russo & Jones, 2000) e con una certa probabilità anche in Lombardia, data la sua presenza nella vicina Svizzera (Wicht et al., 2003). Secondo recenti pubblicazioni sono inoltre presenti nel nostro paese nuove specie di Plecotus: Plecotus macrobullaris (Kiefer & Veith, 2001; Spitzenberger et al., 2002; 2003) inizialmente descritto come sottospecie di P. auritus, P. kolombatovici e P. sardus (Benda & Tsytsulina, 2000; Kiefer & Veith, 2001; Spitzenberger et al., 2002; Mucedda et al., 2002, Chirichella et al., 2003; Trizio et al., 2003). Anche nei gruppi di Myotis si stanno verificando nuovi arrivi per i quali la situazione sistematica è ancora piuttosto complessa. In Sardegna è presumibilmente presente Myotis punicus (Castella et al., 2000).
In Lombardia, secondo la classificazione utilizzata nell’Atlante dei Mammiferi della Lombardia (Prigioni et al., 2001) sono presenti 3 famiglie, comprendenti 11 generi:
Questa famiglia è distribuita esclusivamente nel Vecchio Mondo e, in Lombardia, comprende 2 sole specie (Rinolofo o Ferro di cavallo maggiore Rhinolophus ferrumequinum e Rinolofo o Ferro di cavallo minore Rhinolophus hipposideros).
I suoi rappresentanti sono facilmente riconoscibili per avere le appendici nasali (foglia nasale) con forma molto complessa e l’orecchio privo di trago. La foglia nasale comprende una struttura, che copre il labbro superiore e circonda le narici, che presenta la peculiare forma di “ferro di cavallo”, da cui deriva il caratteristico nome comune. La forma e la posizione della foglia nasale variano da specie a specie. I Rhinolophidae, grazie a questa peculiare conformazione, sono molto abili nell’emissione e nella ricezione degli ultrasuoni che emettono attraverso le narici. Durante il riposo diurno gli individui si appendono nei roost esclusivamente per i piedi a testa in giù, completamente o parzialmente avvolti nel patagio. Il loro volo è lento e caratterizzato da brusche virate anche in spazi ristretti. Cacciano prevalentemente in aree molto ricche di vegetazione arborea utilizzando frequenze molto alte su una banda piuttosto ristretta, che va dagli 85 kHz dei 110 kHz.
Tutti i Rhinolophidae mostrano attualmente uno status di conservazione estremamente sfavorevole. Negli ultimi 100 anni l’areale di R. ferrumequinum si è estremamente contratto e, secondo alcuni autori, la popolazione si è ridotta di almeno il 90% (Stebbings, 1988). Non a caso si tratta di una delle specie per le quali è stato redatto un “Action Plan” a livello europeo (Ransome & Hutson, 200).
È analoga anche la situazione di R. hipposideros che risulta estinto o minacciato in modo critico in diversi paesi europei (Bontadina & Arlettaz, 2000).
Le cause del declino e rarefazione di queste due specie sono essenzialmente legate alla riduzione ed alterazione dell’entomofauna causate da pesticidi utilizzati in agricoltura oltre che alla distruzione, alterazione e disturbo dei siti di rifugio, riproduzione e svernamento; gli effetti dati dalla distruzione dei siti di rifugio risultano ancora più negativi se si considera la gregarietà delle due specie. In particolare le due specie risultano estremamente sensibili al disturbo arrecato alle colonie che svernano nelle cavità ipogee; l’estrema sensibilità al disturbo del Rinolofo minore ha fatto sì che la specie abbandonasse un gran numero di nursery localizzate in vecchi edifici. In aree fortemente antropizzate, in cui grandi estensioni di zone boschive hanno lasciato spazio alle aree coltivate o ai centri urbani, le specie forestali che, come i due rinolofi, raccolgono le prede direttamente dal fogliame sono sempre più rare; la situazione è ancora più grave dove l’illuminazione stradale viene largamente utilizzata, in quanto, date le loro abitudini trofiche, le due specie evitano le zone illuminate (Hutson et al., 2001).
Per tali motivi entrambe le specie sono incluse nell’allegato II alla Convenzione di Berna – Conservazione della Vita Selvatica e dell’Ambiente Naturale in Europa - (Berna 1979, ratificata in Italia con Legge n. 503/1981), nella quale alle Parti contraenti è richiesto di adottare i provvedimenti legislativi e regolamentari necessari alla tutela dei rispettivi habitat (art. 4, comma 1), ponendo particolare attenzione, nel caso delle specie migratrici, alla protezione della “aree di svernamento”, “alimentazione” e “riproduzione” (art. 4, comma 3); nell’ Allegato II alla Convenzione di Bonn – conservazione delle specie migratorie appartenenti alla fauna selvatica – (Bonn 1979, resa esecutiva in Italia con Legge n. 42/1983), il cui obiettivo è la conservazione, su scala mondiale, delle specie migratrici. Nell’allegato II (in cui rientrano peraltro tutti i Chirotteri europei) sono elencate le specie migratrici considerate in cattivo stato di conservazione, per la cui tutela le Parti contraenti s’impegnano a concludere accordi ai fini di conservazione e gestione; e nell’Allegato II alla Direttiva 92/43/CEE – conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche comunemente denominata Direttiva Habitat, (attuata dall’Italia, in via regolamentare, col D.P.R. 357/97). La Direttiva ha come scopo principale il mantenimento della biodiversità e comprende nell’Allegato II tutte le “Specie animali e vegetali di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione”.
Fra tutti i Chirotteri questa famiglia è la più ricca di specie, più di 300, comprese, per la maggior parte, nei generi: Myotis ed Eptesicus che sono cosmopoliti e Pipistrellus assente solo dal Sud America. In Italia sono inoltre presenti i generi Nyctalus, Vespertilio, Hypsugo, Plecotus, e Miniopterus.
I Vespertilionidae presentano orecchie di dimensioni differenti, sempre munite di trago ben sviluppato; il muso non ha formazioni fogliacee caratteristiche e la coda è lunga, completamente o quasi compresa nell’uropatagio. Quasi tutte le specie di Vespertilionidae frequentano le grotte, le cavità naturali e artificiali (miniere, sotterranei), ma anche semplici fratture nelle rocce e nelle costruzioni e cavità d’albero. Nella posizione di riposo l’animale piega le ali e le porta lungo i fianchi mentre la coda con l’uropatagio si appoggia sul ventre. Alcune specie sono migratrici arrivando a coprire anche notevoli distanze. I Vespertilionidae italiani emettono ultrasuoni per l’orientamento attraverso la bocca e le narici, utilizzando una gamma di frequenze che va dai 18-19 kHz delle specie più grandi (genere Nyctalus) fino ai 60 kHz dei Miniopterus, ma per lo più è situata tra i 30 e i 50 kHz. Cacciano insetti in volo, spesso usando la membrana della coda come un sacco per catturare le prede di maggiori dimensioni, ma alcune specie cacciano prede ferme a terra (come il Myotis blythii) o su foglie (come i Plecotus) (Vernier, 1997; Schober & Grimmberger, 1997).
In Lombardia, secondo l’Atlante dei Mammiferi della Lombardia (Prigioni et al., 2001), sono presenti 9 generi a cui appartengono 21 specie: Myotis daubentonii, Myotis capaccinii, Myotis mystacinus, Myotis emarginatus, Myotis nattereri, Myotis bechsteinii, Myotis myotis, Myotis blythii, Nyctalus noctula, Nyctalus leisleri, Eptesicus serotinus, Eptesicus nilssonii, Hypsugo savii, Vespertilio murinus, Pipistrellus pipistrellus, Pipistrellus nathusii, Pipistrellus kuhlii, Plecotus auritus, Plecotus austriacus, Barbastella barbastellus, Miniopterus schreibersii.
Lo status di conservazione delle specie appartenenti a questa famiglia è vario, sebbene tutte siano incluse nella Lista Rossa italiana (Calvario & Sarrocco, 1997) con uno status di conservazione spesso sfavorevole. Le cause della diminuzione della dimensione delle popolazioni sono soprattutto imputabili alle alterazioni degli habitat, ed in particolare degli ambienti boschivi planiziali, degli habitat agricoli, sottoposti a pratiche intensive che determinano una riduzione delle fonti trofiche, degli habitat acquatici, oltre che al disturbo, alterazione e perdita di siti di rifugio, riproduzione e ibernazione, soprattutto quando interessano colonie riproduttive di grosse dimensioni. In particolare, l’alterazione degli habitat boschivi colpisce soprattutto le specie forestali che raccolgono le prede direttamente dal fogliame, quali ad esempio Myotis mystacinus, M. myotis, M. blythii, M. nattereri, M. bechsteinii e le specie del genere Plecotus). Anche le specie che utilizzano buchi e cavità negli alberi quali Nyctalus sp. e Plecotus sp. hanno, in diverse porzioni del loro areale di distribuzione, subito gli effetti negativi della rarefazione degli habitat forestali. Il disturbo arrecato a diverse cavità ipogee ha fatto scomparire grosse colonie di Miniopterus schreibersii o Myotis capaccinii, M. myotis e M. blythii. Il disturbo alle colonie negli edifici è un’altra delle minacce che attualmente grava su specie quali Myotis nattereri M. myotis e M. blythii e anche Nyctalus leisleri, presenti sia in edifici storici che in costruzioni più recenti (Hutson et al., 2001).
Tra i Vespertilionidae più minacciati in Europa vi sono attualmente Miniopterus schreibersii e Barbastella barbastellus. Benchè il Miniottero sia probabilmente la specie più diffusa al mondo è anche una fra le specie che ha subito i cali di maggiore entità in numerose zone del suo areale di distribuzione. Anche il Barbastello mostra una distribuzione piuttosto ampia a cui corrisponde comunque una diffusa tendenza alla diminuzione. A determinare lo status di conservazione sfavorevole della specie non sono gli effetti del disturbo alle colonie negli hibernacula, bensì le alterazione degli ambienti forestali che influenzano complessivamente lo status di conservazione del Barbastello.
Per le ragioni sopra citate tutti i Vespertilionidae presenti in Lombardia, escluso Pipistrellus pipistrellus, sono inclusi nell’allegato II alla Convenzione di Berna – Conservazione della Vita Selvatica e dell’Ambiente Naturale in Europa; inoltre tutti sono inclusi nell’allegato II alla Convenzione di Bonn – conservazione delle specie migratorie appartenenti alla fauna selvatica; la Direttiva 92/43/CEE – conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche elenca, nell’allegato II, 7 specie; nell’allegato IV sono peraltro incluse tutte le altre 14 specie.
Questa famiglia ha una distribuzione vastissima soprattutto con il genere Tadarida e conta circa 80 specie. In Europa è presente la sola specie Tadarida teniotis. I rappresentanti di tale famiglia si distinguono morfologicamente dai Vespertilionidae per la coda libera dall’uropatagio per un lungo tratto e per le ali molto più strette e lunghe che, riducendo il peso complessivo del corpo, permettono un volo più rapido. I Molossidae emettono dalla bocca suoni talora in frequenze molto basse, entro il range di suoni udibili (Tadarida teniotis emette suoni di circa 16 kHz). I rifugi tipici sono fessure di ridotte dimensioni in caverne, pareti rocciose, alberi cavi ed abitazioni, nelle quali gli individui si rifugiano strisciando al loro interno sfruttando la struttura cranica appiattita, ben adattata a questi ambienti (Schober & Grimmberger, 1997; Vernier, 1997). Il Molosso di Cestoni è considerato specie “a più basso rischio di estinzione”; in diverse parti del suo areale di distribuzione ha saputo approfittare della convivenza con l’uomo e, nelle aree edificate, è in leggero aumento (Hutson et al., 2001). I rifugi e le nursery localizzati nelle fessure e nelle crepe delle falesie (oltre che degli edifici) rendono la specie minacciata quasi solo esclusivamente dalle attività legate all’arrampicata sportiva. La specie è in ogni caso inclusa nell’ allegato II alla Convenzione di Berna – Conservazione della Vita Selvatica e dell’Ambiente Naturale in Europa, nell’allegato II alla Convenzione di Bonn – conservazione delle specie migratorie appartenenti alla fauna selvatica; e nell’allegato IV alla Direttiva 92/43/CEE – conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche.