Alimentazione

Tutti i Cerambicidi sono fitofagi in senso lato, cioè compiono il loro sviluppo larvale e si nutrono allo stadio adulto a spese di sostanze vegetali. Nella maggior parte dei casi, comunque, si tratta di specie xilofaghe, cioè che compiono il loro sviluppo nutrendosi del legno di alberi o arbusti, più spesso morti o deperiti.

 

Tronco di larice morto con danni prodotti dal Cerambicide Clytus lama, diffuso in prevalenza a quote superiori ai 1000 m.

Mentre i fori di uscita sono minuscoli e difficilmente individuabili, sono ben evidenti quelli prodotti dai picchi in cerca di larve.

(foto Sabbadini)

 

Solo un ristretto numero di specie, appartenenti alle tribù Phytoeciini, Agapanthiini e Dorcadiini si sviluppa a spese di piante erbacee, di cui le larve attaccano il fusto o le radici, ed un numero ancor più ridotto, appartenenti alle tribù Saperdini e Obereini, attaccano parti vive di alberi o arbusti. Nessun adulto è invece xilofago; molte specie si nutrono di sostanze zuccherine (nettare dei fiori, linfa fuoriuscita da screpolature delle cortecce), alcune di parti verdi delle piante, mentre altre ancora non si nutrono affatto allo stadio adulto. Il ciclo biologico può compiersi in un anno, ma in molte specie è pluriennale; nessuna specie, comunque, presenta più di una singola generazione annuale.

 

 

Un esemplare di Agapanthia villosoviridescens, specie discretamente frequente in Lombardia negli ambienti prativi di bassa e media quota. Tutte le specie della tribù Agapanthiini si sviluppano a spese di piante erbacee.

(foto Giannotti)

 

Due esemplari di Saperda populnea (quello in basso ancora all’interno dell’alloggiamento pupale), specie tuttora comune in ambienti umidi di bassa quota, dove si sviluppa a spese di arbusti di pioppo.

(foto Sabbadini).

Un maschio di Dorcadion arenarium subcarinatum. Le larve dei Dorcadiini si sviluppano a spese di radici di graminacee, e gli adulti, inetti al volo, si rinvengono a primavera vaganti sul terreno in vicinanza delle piante ospiti.

(foto Sabbadini)

Un adulto di Saperda populnea colto nell’attimo in cui fuoriesce dal foro prodotto nel caratteristico rigonfiamento patologico del rametto, indotto dalla specie stessa, in cui si è svolto il suo sviluppo larvale.

(foto Sabbadini)